La digitalizzazione italiana ai tempi del Covid-19
La pandemia di Covid-19 ha cambiato le nostre abitudini, costringendoci a vivere chiusi in casa, a limitare (o annullare) gli spostamenti, a lavorare da remoto. E così ha reso ancora più evidente la necessità di connessioni internet sicure e veloci, di tecnologie innovative, oltre che l’importanza di solide competenze digitali. Le potenzialità di crescita economica di un Paese dipendono sempre di più dalla digitalizzazione e dal progresso tecnico e scientifico. Ma su questo l’Europa non è uniforme: alcuni Stati sono migliori di altri. I Paesi più a nord del vecchio continente sono i leader indiscussi in termini di sviluppo digitale. L’Italiainvece si piazza in fondo alla classifica, arretrando di una posizione rispetto allo scorso anno.
A rivelarlo è il nuovo rapporto sull’indice Desi (Digital Economy and Society Index), pubblicato dalla Commissione Ue, che monitora gli avanzamenti degli Stati membri: dalla connettività a banda larga passando per le digitalizzazione delle imprese e i servizi pubblici digitali, gli esperti di Bruxelles considerano diversi parametri tecnici per valutare la performance dei Paesi Ue. Nel complesso, sono Finlandia, Svezia, Danimarca e Olandaa raggiungere i migliori risultati secondo l’indagine, mentre alla Penisola spetta la maglia nera insieme a Bulgaria, Grecia e Romania.
L’Italia infatti occupa il 25° posto su 28 (nell’indice Desi del 2019 era al 24°). Se da un lato ha conseguito buoni risultati nello sviluppo del 5G “in quanto sono state assegnate tutte le bande pioniere e sono stati lanciati i primi servizi commerciali”, dall’altro, ci sono carenze enormi per quanto riguarda il capitale umano, si legge nel report: “Rispetto alla media Ue, l’Italia registra livelli dicompetenze digitali di base e avanzate molto bassi. Anche il numero di specialisti e laureati nel settore Tic (tecnologia dell’informazione e comunicazione, ndr) è molto al di sotto della media Ue”. Questa debolezza comporta come conseguenza un minor utilizzo dei servizi online, tra cui i servizi pubblici digitali. E anche le aziende hanno le loro difficoltà, con i ritardi nell’impiego di tecnologie relative al cloud o i big data, come per l’utilizzo delle piattaforme per il commercio elettronico.
Più nel dettaglio, le quote di italiani – di età compresa tra i 16 e i 74 anni – che hanno competenze digitali di base (42%) e avanzate (22%) sono inferiori alle medie Ue, rispettivamente al 58% e 32%. Inoltre, la percentuale di specialisti in discipline relative a tecnologie dell’informazione e comunicazione nonostante sia aumentata (passando al 2,8%) è ancora al di sotto della media europea (3,9%): “Solo l’1% dei laureati italiani è in possesso di una laurea in discipline TIC (il dato più basso nell’UE), mentre gli specialisti TIC di sesso femminile rappresentano l’1% del numero totale di lavoratrici (cifra leggermente inferiore alla media UE dell’1,4%)”.
Per questo riteniamo che sia di enorme importanza affidarsi a persone competenti che diano il giusto risalto al profilo digitale della tua azienda.
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